Enciclopedia: il popolo


L´ Enciclopedia è la monumentale opera prodotta fra il 1751 ed il 1780 dagli illuministi francesi. Essa ben rappresenta lo stato di maturità di una classe sociale che è andata formandosi fra l´ultimo periodo del Medio Evo e l´inizio dell´Età Moderna: la borghesia. Prendiamo una delle tante voci che compaiono nell´opera e che aiutano a comprendere che cosa sia la borghesia.

Popolo
Leggiamo.
" Un tempo in Francia il popolo era considerato come la parte più utile, più preziosa e quindi più rispettabile della nazione. Allora si riteneva che il popolo dovesse occupare un posto negli stati generali, e i parlamenti del regno facevano una ragione sola di quella del popolo e della loro. Le idee sono cambiate, e anche la classe di uomini fatti per costituire il popolo si riduce ogni giorno di più. Una volta il popolo era lo stato generale della nazione, semplicemente opposto allo stato dei grandi e dei nobili. Esso comprendeva gli agricoltori, gli operai, gli artigiani, i negozianti, i finanzieri, i letterati e i legali. Ma un uomo di molto spirito, che ha pubblicato circa vent´anni fa una dissertazione sulla natura del popolo, ritiene che questo corpo della nazione si limiti attualmente agli operai e ai contadini".

Il brano fa allusione al processo storico riguardante un gruppo sociale che si è trasformato nei secoli: il popolo. Nel Medio Evo il popolo comprendeva tutti quelli che non erano nobili o esponenti del clero. La società era divisa in tre parti ben separate, che erano dette stati o ordini o ceti: nobiltà, clero e popolo. Passare da un ordine ad un altro era molto difficile, poiché ogni ceto era un mondo a sé e soprattutto i ceti più elevati, clero e nobili, ci tenevano a distinguersi dal gruppo più numeroso del popolo per costumi, educazione, norme giuridiche. Clero e nobiltà, per esempio, se sottoposti a processi, venivano giudicati da loro propri tribunali, diversi e separati da quello del popolo. La Francia fino al ´700 rimane divisa in clero, aristocrazia e nel cosiddetto terzo stato, che è appunto il popolo, e anche l´organo rappresentativo di tutta la popolazione francese, detto gli Stati Generali, è diviso in questi tre ceti. Tuttavia il popolo è ormai diverso da quel gruppo indifferenziato, che in passato comprendeva tutti quanti svolgessero un lavoro o una attività professionale, dai contadini agli avvocati. Nel corso dei secoli alcuni elementi del terzo stato hanno acquistato fama o ricchezza, pertanto il popolo si è ridotto ai meno abbienti, operai e contadini. L´attenzione per questi ultimi è ben presente nelle opere di un illuminista, J.J. Rousseau, che fa notare le contraddizioni nate all´interno del terzo stato, e sul modello di Rousseau altri filosofi riprendono questo tema. Vediamo infatti quanto segue.

"I legali si sono tirati fuori dalla classe del popolo acquistando la nobiltà senza l´ausilio della spada; i letterati alla maniera di Orazio hanno considerato il popolo profano, Non sarebbe nemmeno onesto chiamare popolo gli artisti, né lasciare nella classe del popolo quegli artigiani, o meglio quegli artisti raffinati, che producono oggetti di lusso. Le mani che dipingono divinamente una vettura, che montano perfettamente un diamante, che creano in modo superiore una moda, non assomigliano per nulla alle mani del popolo".

Come vediamo dal ceto del popolo che in passato era rigorosamente separato da chi portava la spada, cioè dai nobili che nel Medio Evo avevano conquistato il loro potere con l´abilità militare, o da chi faceva parte del clero si sono staccati molti elementi.
Gli avvocati, per esempio, sono diventati personaggi socialmente forti e potenti entrando nei "parlamenti", che sono i tribunali del regno di Francia e dove è possibile acquistare prestigio e ricchezza. Alcuni hanno ottenuto anche un titolo nobiliare, andando a costituire quella più recente "nobiltà di toga", che fra il ´500 ed il ´600 si affianca alla vecchia "nobiltà di spada", che è appunto l´aristocrazia medioevale, quella di antica ricchezza.
Si sono differenziati dal popolo anche i letterati e gli artisti. Persino certi artigiani - pensiamo a quelli che nel ´600 hanno lavorato per la fastosa reggia di Versailles - hanno raggiunto un buon livello di ricchezza che li avvicina più ai nobili che ai contadini o agli operai.
Nel terzo stato troviamo ormai quella classe che viene detta la borghesia, costituita da uomini ricchi e soprattutto colti, che coltivano l´arte, la scienza, la tecnologia e che guardano persino con disprezzo la vecchia aristocrazia altezzosa, ma in decadenza. Quest´ultima, da parte sua, ha perso i contatti con la realtà e, in molti casi, non vuol riconoscere che i borghesi, non blasonati, l´hanno superata in ricchezza e in capacità di imporsi nella società. Tutto questo emergerà tra breve, alla fine del ´700, con la rivoluzione francese.

"Guardiamoci anche dal confondere i negozianti con il popolo, da quando con il commercio si può acquistare la nobiltà; i finanzieri hanno fatto un balzo tanto alto che si trovano fianco a fianco con i grandi del regno, si sono intrufolati, confusi con questi, alleati con i nobili che sovvenzionano, mantengono e tiran fuori dalla miseria, ma perché si possa meglio giudicare quanto sarebbe assurdo vederli confondere con il popolo, sarà sufficiente considerare un momento la vita degli uomini di questa classe e quella del popolo.
I finanzieri vivono in case fastose, pretendono oro e seta per i loro vestiti, respirano profumi, cercano l´appetito nell´arte dei loro cuochi e, quando il riposo succede all´ozio, si addormentano senza pensieri su letti di piume. Nulla manca a questi uomini ricchi e curiosi: né fiori italiani, né pappagalli brasiliani, né le tele dipinte di Masulipatan, né le statuine cinesi, né le porcellane sassoni, di Sèvres e giapponesi. Guardate i loro palazzi in città e in campagna, i loro abiti raffinati, i mobili eleganti, i vistosi equipaggi: tutto ciò sa di popolo? Quest´uomo che ha saputo raggiungere la fortuna per la porta della finanza consuma nobilmente in un sol pasto quanto basterebbe al nutrimento di cento famiglie del popolo, varia senza sosta i suoi piaceri, modifica una vernice, perfeziona un lampadario con l´opera di gente del mestiere, organizza una festa e dà nuovi nomi alle sue vetture. Suo figlio si fa portare oggi da un cocchiere focoso per spaventare i passanti, domani s´improvviserà cocchiere per farli ridere
".

Qui si parla dei grandi ricchi, i mercanti ed i finanzieri, quelli che quanto a peso economico superano i nobili, anzi ormai sono chiaramente in competizione con questi ultimi e ne imitano i costumi. Alcuni dei nuovi ricchi non esitano a mescolarsi con i vecchi ricchi, che possono vantare solo glorie passate ed hanno bisogno delle sovvenzioni dei borghesi per vivere all´altezza del loro rango.
Quanto più i grandi mercanti, quelli per esempio che hanno accumulato grosse fortune con i commerci con le colonie - anche la Francia, come altri paesi europei, ha conquistato nuove terre nell´America Settentrionale, nei Caraibi, in India -, si avvicinano allo stile di vita degli aristocratici, tanto più si allontanano da quello del popolo. La stessa considerazione vale per i finanzieri: evidenti esempi di ricchezze accumulate in concomitanza con le esigenze di una monarchia, che nel corso degli anni, per organizzarsi e rafforzarsi, ha dovuto ricorrere ad un´imponente massa di prestiti di danaro. Prestiti che ovviamente sono stati concessi da borghesi, dai natali oscuri ma dalla buone conoscenze di contabilità, in cambio di lucrosi interessi.
Il lusso ed il fasto sono ormai entrati nel costume di questi parvenus che mangiano quanto cento famiglie povere. Usano prodotti e oggetti uguali a quelli che compaiono in una reggia: fiori italiani, tele indiane - quelle di Masulipatan -, statuine cinesi. Anche per i loro pasti usano costose stoviglie: non sono semplice terraglia, ma piatti di una porcellana bianca e resistente, prodotta soltanto da manifatture d´avanguardia, come quelle francesi di Sèvres o quelle tedesche della Sassonia, dove a Meissen si lavora una particolare argilla bianca - nota poi come caolino -.

Vediamo allora qual è la vita di chi ancora si può considerare un vero esponente del popolo.
"Restano dunque nella massa del popolo solo gli operai e i contadini. Io studio con interesse il loro modo di vivere: trovo che l´operaio dorme sotto un tetto di paglia o in qualche buco che gli si lascia nelle nostre città perché si ha bisogno della sua forza. Si alza con il sole e, senza preoccuparsi di quel che avviene sopra di lui, indossa l´abito di tutte le stagioni, scava nelle miniere e nelle cave, prosciuga le paludi, pulisce le strade, edifica le case, costruisce mobili; gli vien fame e per lui tutto è buono; finisce il giorno, si abbandona duramente nelle braccia della fatica.
Il contadino, altro uomo del popolo, ancor prima dell´aurora è occupato a seminare i campi, a coltivare la terra, a irrigare giardini. Deve soffrire il caldo, il freddo, l´altezzosità dei grandi, l´insolenza dei ricchi, i veri e propri atti di brigantaggio degli esattori, le ruberie dei controllori, fino le devastazioni degli animali selvatici che non osa allontanare dalle messi per rispetto verso i piaceri di caccia dei potenti. E´ sobrio, giusto, fedele, religioso, indifferente a ciò che gli potrà succedere. Colas sposa Colette per amore, Colette allatta i figli senza conoscere cosa siano freschezza e riposo; i figli crescono e Colas, solcando la terra davanti a loro, insegna loro a coltivarla. Muore e lascia un campo da dividere in parti uguali. Se non fosse un uomo del popolo, lo lascerebbe tutto al primogenito. Questo è il ritratto degli uomini che compongono quello che chiamiamo popolo e che costituiscono sempre la parte più numerosa e più necessaria della nazione
".

Questi sono gli esponenti del vero popolo e costituiscono l´autentico fondamento della società: sono i più numerosi, ma anche i più laboriosi; si alzano all´alba e lavorano fino a sera, vivono sobriamente e pretendono poco. Sono quelli che devono affrontare la realtà con più impegno e più disciplina, sopportando di tutto: le avversità del tempo, la superbia dei nobili, l´arroganza dei ricchi, la rapacità degli esattori delle tasse. Lavorano la terra e devono tollerare di veder gli animali selvatici distruggere il frutto del loro lavoro: fatto inspiegabile e contrario ad ogni forma di buon senso. Perché accade? Perché i potenti, nobili e non nobili, devono dedicarsi al loro passatempo preferito: la caccia.



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