Enciclopedia: tratta dei negri


La tratta dei negri, ossia il mercato di uomini ridotti in schiavitù, rappresenta una vergogna di quei commerci oceanici iniziati dagli europei nel ‘500, dopo le scoperte geografiche del secolo precedente.
Ma gli stessi paesi europei, nel Settecento, vanno incontro ad una evoluzione morale e giuridica grazie alle teorie della filosofia illuministica, che affermano la dignità dell’uomo – ogni uomo indipendentemente da provenienza, razza e condizione sociale – e combattono l’odiosa pratica della schiavitù. In una voce della Enciclopedia francese, compilata in pieno Settecento, compare una articolata argomentazione contro la tratta dei negri.

“L’acquisto dei negri da parte degli europei sulle coste africane, per impiegare quegli infelici nelle colonie in qualità di schiavi è un traffico che viola i precetti della religione e della morale, le leggi naturali e tutti i diritti del genere umano.
I negri, dice un Inglese dei nostri giorni pieno di lumi e di umanità, non sono diventati schiavi in nome del diritto di guerra; né scelgono spontaneamente la servitù, e di conseguenza i loro figli non nascono schiavi. Nessuno ignora che vengono venduti dai loro principi, i quali si arrogano il diritto di disporre della loro libertà, e che i mercanti li fanno trasportare come una qualsiasi altra mercanzia o nelle colonie o in America, dove li espongono in vendita.
Se un commercio di questo genere può essere giustificato con principi morali, non v’è delitto, per quanto atroce, che non si possa legittimare. I re, i principi, i magistrati non sono padroni dei loro soggetti, e non hanno dunque il diritto di disporre della loro libertà e di venderli schiavi”.

Qui si fa riferimento ai terribili eventi che riguardano un tormentato continente: l’Africa. Questa in passato fu considerata un serbatoio di braccia da lavoro e molti dei suoi abitanti furono sfruttati da popoli più potenti ed organizzati e furono ridotti a merci da commerciare. Si verificarono ben due movimenti di neri ridotti in schiavitù e strappati alla loro terra: dal VII al XIX secolo la tratta musulmana che trasferiva gli schiavi nel mondo prima arabo e poi turco; dal XVI al XIX secolo la tratta europea che li trasferiva nelle colonie americane.
Gli enciclopedisti si scagliano contro quest’ultimo vergognoso commercio di uomini, invocando principi che fra il Sei e il Settecento gli studiosi del diritto diffusero in Europa e che furono i principi dei diritti naturali ed inalienabili dell’uomo, quali il diritto alla vita ed alla libertà. Nessun uomo può, per questo, disporre della vita di un altro uomo, quindi la schiavitù è la violazione di tutti i diritti del genere umano, anche se alcuni la giustificano a livello morale e giuridico. Del resto l’uomo, se ha interesse, teoricamente può legittimare qualsiasi delitto e nefandezza.

CHE COSA E’ IL DIRITTO NATURALE ALLA LIBERTA’?
Bella è la risposta degli enciclopedisti! Leggiamola…

“D’altra parte nessun uomo ha il diritto di acquistarli o di farsene padrone; gli uomini e la loro libertà non sono un articolo di commercio; non si possono vendere né comprare, né pagare a nessun prezzo. Bisogna concludere che l’uomo il cui schiavo fugge deve prendersela soltanto con se stesso, perché ha acquistato per denaro una merce illecita, il cui acquisto gli era proibito dalle leggi dell’umanità e dalla giustizia.
Non vi è dunque uno solo, fra questi infelici che si pretende siano soltanto schiavi, che non abbia il diritto di essere dichiarato libero, poiché non ha mai perso la libertà: non poteva perderla; né suo padre, né il suo principe, né chicchessia in questo mondo aveva la facoltà di disporne; di conseguenza, la vendita che ne è stata fatta è in sé nulla; questo negro non si spoglia né può spogliarsi mai del suo diritto naturale; lo porta dappertutto con sé, e dappertutto può esigere che ne sia lasciato godere. E’ dunque un atto manifesto d’inumanità da parte dei giudici dei paesi liberi dov’è portato non affrancarlo immediatamente dichiarandolo libero, perché è il loro simile, un essere con un’anima come loro”.

MA GLI SCHIAVI SONO NECESSARI IN CERTE ECONOMIE!
L’articolo dell’Enciclopedia prende in esame gli argomenti di quanti sono a favore della tratta degli schiavi.

“ Si direbbe forse che per le colonie sarebbe ben presto la rovina, se vi si abolisce la schiavitù dei negri. Ma quand’anche così fosse, bisogna forse concludere che possiamo ledere tanto gravemente i diritti del genere umano per arricchirci o per alimentare il nostro lusso? E’ vero che le borse dei ladri che assalgono i viaggiatori lungo le strade sarebbe vuote, se il furto fosse assolutamente soppresso; ma gli uomini hanno forse il diritto di arricchirsi con sistemi crudeli e criminali? Quale diritto ha un brigante di svaligiare i viaggiatori? A chi è permesso di diventare ricco rendendo infelici i suoi simili? Può essere legittimo spogliare la specie umana dei suoi diritti più sacri, soltanto per soddisfare la sua avidità, la sua vanità, le sue egoistiche passioni? No… Le colonie europee vadano pure distrutte, piuttosto di fare tanti infelici!
Ma sono convinto che non è vero che la soppressione della schiavitù provocherebbe la loro rovina. Il commercio ne soffrirebbe per qualche tempo: lo ammetto, è l’effetto di tutte le innovazioni, perché in questo caso non si potrebbero trovare immediatamente i modi di seguire un altro sistema; ma da questa soppressione deriverebbero molti altri vantaggi”.

L’economia in questione è quella iniziata nel ‘500, dopo che i primi colonizzatori europei, i portoghesi e gli spagnoli, crearono i loro grandi imperi extraeuropei sulle coste dell’Africa, in Asia e nel cosiddetto Nuovo Mondo - l’America centrale e meridionale -. La tratta dei negri interessò quel flusso di braccia umane che dall’Africa, in particolare dal golfo di Guinea, giunse in America, ossia nei Carabi e in Brasile. Successivamente anche gli inglesi dal ‘600 in poi, quando si stanziarono sulle coste atlantiche dell’America settentrionale, introdussero una economia schiavista nelle loro colonie più meridionali.
Le aree americane in questione si trovano in zone tropicali e subtropicali, quindi in paesi dal clima caldo-umido, dove in passato si impiantarono coltivazioni di prodotti tropicali da immettere nei prosperi mercati europei. Sorsero piantagioni di zucchero o di tabacco e successivamente di caffè o di cotone. Furono centri produttivi, che avevano continuamente bisogno di manodopera, e la manodopera idonea si trovò nelle braccia dei neri che a forza vennero trasferiti dall’Africa grazie ad un complesso di complicità. Parteciparono alla vergogna della tratta sia i capi di tribù africane, che vendevano come schiavi gli uomini di tribù loro rivali, sia mercanti ed acquirenti di un po’ tutti i paesi europei.
La Spagna nelle colonie aveva un bisogno quasi inesauribile di schiavi neri, ma non possedeva basi in Africa, luogo di inizio della tratta. Infatti spagnoli e portoghesi, che prima degli altri europei avevano esplorato gli oceani Atlantico e Pacifico, stabilirono un accordo con il trattato di Tordesillas (1494), dividendosi fra di loro le terre del mondo. L’Africa rientrò nel dominio portoghese ed il commercio dei neri fu in un primo tempo riservato al Portogallo. Ma un sistema schiavistico di per sé ha sempre scarsità di forza-lavoro e un continuo bisogno di schiavi, che ben presto in modo non legale, ma accettato dagli spagnoli per necessità, vennero venduti da più abili ed organizzati commercianti, come gli olandesi, gli inglesi, i francesi.
Anche i genovesi parteciparono alla tratta: nel periodo 1662 – 1671 i mercanti genovesi Grillo e Lomelin ottennero legalmente un asiento, cioè una licenza per il commercio di schiavi, che il governo spagnolo concedeva dietro pagamento. Siccome le leggi sull’asiento permettevano la possibilità di subappaltare, Grillo e Lomelin diedero in subappalto il traffico a due compagnie commerciali, una olandese e l’altra inglese: a quell’epoca gli olandesi mostrarono di essere i migliori, anche se poi nei secoli successivi persero il loro primato.
Lo sviluppo continuo della tratta fu la testimonianza di una concezione diffusa in passato, secondo la quale nelle colonie tropicali non era previsto utilizzare lavoratori bianchi, ma solo schiavi neri. Per questo la schiavitù venne strenuamente giustificata e legalizzata: senza gli schiavi sarebbe crollato un intero sistema produttivo!

E’ VERAMENTE INDISPENSABILE LA SCHIAVITU’?
Dopo avere spiegato i motivi umani, morali e giuridici che rendono inaccettabile la riduzione di un uomo in schiavitù da parte di un altro uomo, gli enciclopedisti svolgono una argomentazione di tipo economico per la soppressione di ogni sistema schiavistico.

“Proprio la tratta dei negri, l’esistenza della schiavitù hanno impedito che l’America si popolasse così rapidamente come avrebbe fatto senza di essi. Si mettano i negri in libertà, e nel giro di poche generazioni quell’immenso e fertile paese conterà innumerevoli abitanti. Vi fioriranno le arti e il talento; e mentre oggi è popolato quasi soltanto da selvaggi e bestie feroci, ben presto lo sarà da uomini industriosi.
La libertà, l’industria sono le fonti vere dell’abbondanza. Finché un popolo conserverà questa industria e questa libertà, non avrà nulla da temere. L’industria, come il bisogno, è ingegnosa ed inventiva; trova mille modi diversi di procurarsi ricchezze, e se uno fra i canali della ricchezza si ostruisce, cento altri si aprono all’istante. Anime sensibili e generose applaudiranno senza dubbio questi argomenti in favore dell’umanità; ma l’avarizia e la cupidigia che dominano il mondo non vorranno mai ascoltarli.”
Qui ci troviamo nel cuore delle teorie illuministiche, che gettano le basi teoriche per costruire una società completamente nuova per l’epoca: una società fatta di uomini liberi e laboriosi.
Solo la libera espressione dell’inventiva di cui è capace l’uomo è la vera origine di una economia sana e florida!
Occorre liberarsi di tutti i pregiudizi del passato, che ritengono ovvio e naturale il dominio dell’uomo sull’uomo. Tutti sono convinti che il più forte può e deve inevitabilmente arricchirsi “rendendo infelici i suoi simili”. Ma questa convinzione non porta al progresso, al miglioramento delle condizioni di vita, “alle fonti vere dell’abbondanza”. Non ha affatto accelerato lo sviluppo economico del Nuovo Mondo, anzi lo ha rallentato.
Gli illuministi vedono in una economia libera e senza ostacoli il futuro dell’umanità ed in questo sono buoni profeti di quello che di lì a poco avverrà in gran parte dell’Europa fra la fine del Settecento e tutto l’Ottocento: l’affermarsi dell’economia industriale, così ricca di invenzioni e di possibilità di benessere.
In una economia basata su industrie altamente produttive la schiavitù non avrà nessuna utilità. Si affermerà invece il libero mercato del lavoro che permetterà agli industriali di attingere manodopera dai ceti dei nullatenenti, sempre numerosi e capaci di riprodursi costantemente. Sarà senza dubbio un mondo nuovo che si butterà alle spalle l’onta dello schiavismo.
Ma sarà poi vero che dopo il Settecento nessun uomo non soddisferà più la sua avidità “rendendo infelici i suoi simili”? La storia ci mostra che, qualunque sia l’epoca presa in esame, non è facile trovare una società costituita completamente da “anime sensibili e generose”. Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo sotto forme ed aspetti diversi si può presentare sempre, anche nei periodi storici più evoluti: sta a noi mantenere un grado di attenzione ed una capacità di analisi indispensabili per denunciare e smantellare quei comportamenti inaccettabili, di cui l’uomo può solo vergognarsi.


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