Smith: colonie e scoperte geografiche


Nel libro IV della Ricchezza delle Nazioni, l’opera con cui Adam Smith fondò nel Settecento la scienza dell’economia, leggiamo questo brano che fa parte del capitolo “Dei motivi per stabilire nuove colonie”. Smith con brevi ed efficaci tratti ci spiega le cause che portarono l’Europa a conquistare i paesi extraeuropei, dopo le scoperte geografiche del ‘400.
Il racconto di Smith è avvincente: seguiamolo!

PERCHE’ FURONO FONDATE LE COLONIE EUROPEE?
Non per necessità e neppure per la consapevole certezza della loro utilità. Infatti dice Smith…

“La fondazione delle colonie europee in America e nelle Indie Occidentali non è sorta da nessuna necessità; e sebbene l’utilità che ne è risultata sia stata molto grande, essa non è però altrettanto chiara ed evidente. Essa non fu compresa al momento della loro fondazione originaria, né fu il motivo della fondazione e delle scoperte che dettero origine a essa; e la natura, l’estensione e i limiti di questa utilità non sono forse ben compresi neppure oggi”. < Oggi significa nella seconda metà del Settecento>

Il periodo della colonizzazione dell’America venne immediatamente dopo un’altra straordinaria fase: le scoperte geografiche compiute prima dai portoghesi e, di lì a poco, dagli spagnoli.

PERCHE’ I PORTOGHESI INIZIARONO AD ESPLORARE LE COSTE DELL’AFRICA ATLANTICA?
Per togliere ai Veneziani il monopolio del commercio delle spezie e delle merci orientali.

“I Veneziani, durante il XIV e il XV secolo, esercitavano un commercio molto vantaggioso di spezie e di altre merci delle Indie Orientali che essi distribuivano tra le altre nazioni europee. Essi le acquistavano principalmente in Egitto, che era a quel tempo sotto il dominio dei Mammalucchi, nemici dei Turchi, di cui erano nemici anche i Veneziani; e questa unione di interessi, aiutata dai denari di Venezia, formò un legame tale da dare ai Veneziani quasi un monopolio su quel commercio.
I grandi profitti dei Veneziani tentarono l’avidità dei Portoghesi. Essi cercarono nel corso del XV secolo di trovare per mare una via verso i paesi dai quali i Mori portavano loro, attraverso il deserto, l’avorio e la polvere d’oro. Essi scoprirono le isole di Madera, le Canarie, le Azzorre, le isole del Capo Verde, la costa di Guinea, quella del Longao, del Congo, dell’Angola e del Benguela, e infine il capo si Buona Speranza. Da molto tempo essi desideravano prendersi una parte del redditizio traffico dei Veneziani e quest’ultima scoperta aprì loro una buona prospettiva in questo senso”.

DUE GRANDI ESPLORATORI
Il portoghese Vasco de Gama che trovò, costeggiando le coste africane, la via marittima per raggiungere le favolose Indie ed entrare nel ricco commercio delle spezie.
Il genovese Cristoforo Colombo che con un audace viaggio, alla ricerca di una nuova via marittima per le Indie, scoprì una terra sconosciuta: l’America.

“Nel 1497 Vasco de Gama partì dal porto di Lisbona con una flotta di quattro navi e dopo undici mesi di navigazione arrivò sulla costa dell’Indostan completando così una serie di scoperte che erano continuate, con grande costanza e con ben poche interruzioni, per quasi un secolo.
Alcuni anni prima, mentre l’Europa attendeva con ansia il successo delle iniziative dei Portoghesi, che appariva ancora assai dubbio, un pilota genovese si propose il progetto ancor più ardito di raggiungere le Indie Orientali navigando verso Occidente. La localizzazione di quei paesi era allora conosciuta in modo molto imperfetto in Europa… Colombo concluse … che quanto più lontana era la via verso l’Oriente, tanto più corta doveva essere quella verso Occidente. Egli propose quindi di prendere questa via come la più breve e sicura ed ebbe la fortuna di convincere Isabella di Castiglia della possibilità di realizzare il suo progetto. Partì dal porto di Palos nell’agosto del 1492… e dopo un viaggio durato dai due ai tre mesi scoprì dapprima alcune isole delle piccole isole Bahamas o Lucaie, e poi la grande isola di Santo Domingo”.

COLOMBO CON IL SUO VIAGGIO STRAORDINARIO ARRIVO’ AI RICCHI PRODOTTI ORIENTALI?
No, decisamente no. Il suo viaggio non raggiunse la favolose Indie, ma Colombo contro l’evidenza dei fatti non volle riconoscere di essersi sbagliato.

“Ma i paesi che Colombo scoprì, in questo come nei viaggi successivi, non avevano alcuna rassomiglianza con quelli di cui egli era andato in cerca. Invece della ricchezza, della coltivazione e della popolosità della Cina e dell’Indostan, egli non trovò a Santo Domingo, e in tutte le altre parti del nuovo mondo che visitò, che un paese interamente coperto di boschi, incolto ed abitato solo da qualche tribù di selvaggi nudi e miserabili. Tuttavia egli non era disposto a credere che quei paesi non fossero gli stessi di alcuni di quelli descritti da Marco Polo, il primo europeo che abbia visitato la Cina e le Indie Orientali o che almeno abbia lasciato una descrizione di tali paesi; e ogni minima rassomiglianza che egli riscontrò tra il nome di Cibao, una montagna di Santo Domingo, e quello di Cipango, menzionato da Marco Polo, era spesso sufficiente a farlo ritornare sulla sua idea preferita, quantunque smentita dalla più chiara evidenza. Nelle sue lettere a Ferdinando e Isabella < re e regina di Spagna>, egli chiamava Indie i paesi che aveva scoperto. Non nutrì mai alcun dubbio che essi fossero l’estremità di quelli descritti da Marco Polo, e che non fossero molto lontani dal Gange…
Anche quando alla fine si convinse che erano molto diversi, si illuse sempre che quei paesi non fossero molto lontani, e quindi, in un viaggio successivo, andò alla loro ricerca lungo la costa della Terra Ferma, verso l’istmo di Darien.
Per via di questo errore di Colombo, il nome delle Indie è rimasto per sempre a quegli sfortunati paesi; e quando infine fu chiaramente scoperto che le nuove Indie erano completamente diverse da quelle vecchie, le prime furono chiamate le Indie Occidentali, in contrapposizione alle altre che furono chiamate le Indie Orientali”.

POTEVA MAI L’AMMIRAGLIO COLOMBO COMUNICARE L’INSUCCESSO DELLA IMPRESA A CHI AVEVA SOVVENZIONATO IL VIAGGIO?
Si guardò bene dal fare un cosa simile, perciò ricorse ad un pizzico, e forse non solo un pizzico, di astuzia.

“Tuttavia era importante per Colombo che i paesi che aveva scoperto, quali che fossero, potessero essere presentati alla corte di Spagna come paesi di grandissima importanza; ma di ciò che rappresenta la ricchezza reale di ogni paese, cioè i prodotti animali e vegetali del suolo, non vi si trovava niente che potesse giustificare tale presentazione.
Il cori, che è qualcosa fra il topo ed il coniglio,… era il più grosso quadrupede viviparo di Santo Domingo. Sembra che tale specie non fosse neppure molto numerosa, e si dice che i cani e i gatti degli Spagnoli da molto tempo l’abbiano distrutta quasi interamente, come pure altre specie di animali più piccoli. E tuttavia questi animali, insieme a certe lucertole piuttosto grosse, chiamate ivana o iguana, costituivano la parte principale dell’alimento animale che la terra offriva.
L’alimento vegetale degli abitanti, per quanto non molto abbondante a causa della loro scarsa attività, non era neppure molto scarso. Consisteva in granturco, ignami, patate, banane, ecc…: piante che erano allora completamente sconosciute in Europa e che neppure dopo vi sono mai state molto stimate, né si è ritenuto potessero offrire un sostentamento pari a quello che si ottiene dalle specie ordinarie di cereali e legumi, coltivate da tempo immemorabile in questa parte del mondo.
La pianta di cotone offriva in effetti il materiale di una importantissima manifattura, e per gli Europei essa era allora il prodotto vegetale di maggior valore di quelle isole. Ma sebbene alla fine del XV secolo le mussole e gli altri prodotti di cotone delle Indie Orientali fossero molto stimati in ogni parte d’Europa, la minifattura del cotone non era esercitata in nessun paese europeo. Perciò anche questa produzione non poteva apparire molto importante, a quel tempo, agli occhi degli Europei.
Non trovando nei paesi appena scoperti alcun animale o vegetale che potesse giustificare una presentazione molto vantaggiosa di tali paesi, Colombo volse la sua attenzione ai minerali; ed egli si illuse di aver trovato, nella ricchezza delle produzioni di questo terzo regno della natura, un pieno compenso all’insignificante valore delle produzioni degli altri due regni. I pezzettini d’oro con cui gli indigeni ornavano le loro vesti e che gli veniva detto si trovassero spesso nei ruscelli e nei torrenti che scendevano dalle montagne, erano sufficienti a convincerlo che quelle montagne abbondassero delle più ricche miniere d’oro. Perciò Santo Domingo fu presentato come un paese che abbondava d’oro e per questo motivo… come una fonte inesauribile di ricchezza reale per la corona e il regno di Spagna”.

COME FURONO ESIBITE LE SCARSE NUOVE RICCHEZZE?
Con tutta l’abilità con cui Colombo seppe recitare la parte di scopritore di una nuova via marittima per il favoloso Oriente.

“Quando Colombo, di ritorno dal suo primo viaggio, fu introdotto con onori trionfali alla corte dei sovrani di Castiglia e di Aragona , i principali prodotti dei paesi che aveva scoperto vennero portati in solenne processione davanti a lui. La sola parte di valore di questi prodotti consisteva in alcune piccole trecce, braccialetti e altri ornamenti d’oro, e in alcune balle di cotone; il resto non erano che oggetti di semplice curiosità e bellezza, alcune canne di dimensioni straordinarie, alcuni uccelli dalle bellissime piume e alcune pelli imbottite del grande alligatore e del manato; il tutto preceduto da sei o sette miseri indigeni, il cui colore e il cui aspetto singolare accrescevano grandemente la novità dello spettacolo”

COME L’ORO ATTIRO’ I CONQUISTATORI?
Con tutta la violenza che scatenò la brama di ricchezza, anche se mascherata sotto il nobile principio di diffondere il cristianesimo.

“In conseguenza delle descrizioni di Colombo, il consiglio di Castiglia decise di prendere possesso di quei paesi i cui abitanti erano completamente incapaci di difendersi. Il pio scopo di convertirli al cristianesimo santificò l’ingiustizia del progetto. Ma la speranza di trovarvi dei tesori d’oro fu il solo motivo che spingeva all’impresa; e per dare a questo motivo maggior peso, fu proposto da Colombo che metà di tutto l’oro e di tutto l’argento che vi fossero stati scoperti sarebbe appartenuta alla corona. Questa proposta fu approvata dal consiglio. Fino a che tutta la maggior parte dell’oro che i primi avventurieri importarono in Europa era ottenuto con il facile metodo di depredare gli indigeni indifesi, non fu forse difficile pagare questa forte tassa. Ma una volta che gli indigeni furono completamente spogliati di tutto ciò che avevano, cosa che a Santo Domingo e in tutti gli altri paesi scoperti da Colombo fu portata a termine in sei o otto anni, e una volta che per ottenere più oro fu necessario estrarlo dalle miniere, non vi fu più possibilità di pagare quella tassa. Di conseguenza, si dice che fu la rigorosa esazione di quella tassa a provocare l’abbandono completo delle miniere di Santo Domingo, che non sono più state riattivate. Perciò la tassa fu presto ridotta a un terzo, poi a un quinto, in seguito a un decimo e infine a un ventesimo del prodotto lordo delle miniere d’oro. La tassa sull’argento continuò per molto tempo ad essere un quinto del prodotto lordo; essa è stata ridotta ad un decimo solo nel corso di questo secolo. Ma i primi avventurieri non sembravano interessati molto all’argento. Tutto ciò che era meno prezioso dell’oro sembrava non valere la loro attenzione.
Tutte le altre imprese spagnole nel nuovo mondo, successive a quelle di Colombo, sembra fossero spinte dallo stesso motivo. Fu la sacra sete di oro che condusse Hojeda, Nicuessa e Vasco Nuñes de Balboa all’istmo di Darien, che condusse Cortés nel Messico e Almagro e Pizarro nel Cile e nel Perù. Quando questi avventurieri arrivavano su qualche costa sconosciuta, la loro prima ricerca era sempre volta ad accertare se vi si potesse trovare l’oro e, secondo le informazioni che ricevevano a questo proposito, essi decidevano se abbandonare il paese o se stabilirvisi”.

MA CHE COSA È LA CORSA ALL’ORO?
Un fallimento per i più ed un guadagno per pochissimi, come succede in una lotteria particolarmente svantaggiosa. Questo sostiene Adam Smith a proposito dei progetti per la ricerca di nuove miniere di metalli preziosi!
Non è il buon senso, ma solo la grande avidità degli uomini la molla che spinge a cercare nuovi filoni d’oro. Vediamo che cosa dice Smith a proposito dei conquistatori dell’America.

“… Sebbene il giudizio della sana ragione e dell’esperienza su questi progetti sia sempre stato estremamente sfavorevole, quello dell’avidità umana è sempre stato completamente diverso. La stessa passione che ha suggerito a tanti uomini l’idea della pietra filosofale, ha suggerito ad altri l’idea ugualmente assurda di immense e ricche miniere d’oro e d’argento. Essi non hanno considerato che il valore di quei metalli, in tutti i tempi e in tutte le nazioni, deriva principalmente dalla loro scarsità e che la loro scarsità deriva dalle piccolissime quantità di quei metalli che la natura ha depositato in qualche luogo, dal fatto che quasi ovunque la natura stessa ha rinchiuso queste piccole quantità in sostanze dure e difficili da trattare, e di conseguenza dal lavoro e dal costo che sono ovunque necessari per penetrare fino ad esse e per estrarle. Essi si illusero di poter trovare in molti luoghi delle vene di quei metalli così grandi ed abbondanti quanto quelle che si erano comunemente trovate di piombo, di rame, di stagno e di ferro…”

TUTTAVIA LA CONQUISTA AMERICANA CONTINUO’ CON IL MIRAGGIO DELL’ORO!
Così si esprime Smith a proposito della ricerca dell’Eldorado, ossia del paese dell’oro.

“…Ogni Spagnolo che salpava per l’America si aspettava di trovare un Eldorado. Inoltre la fortuna, in questo caso, fece quello che fa di solito in ben poche occasioni: essa realizzò in una qualche misura le stravaganti speranze dei suoi devoti, e nella scoperta e nella conquista del Messico e del Perù, una delle quali avvenne circa trent’anni dopo la prima spedizione di Colombo, l’altra dopo circa quaranta, presentò loro qualcosa di non molto diverso dalla profusione di metalli preziosi che essi sognavano.
Perciò un progetto di commercio con le Indie Orientali dette luogo alla scoperta delle Indie Occidentali. Un progetto di conquista dette luogo a tutti gli stabilimenti degli spagnoli in quei paesi appena scoperti. Il motivo che li spingeva a questa conquista era il progetto di scoprire miniere d’oro e d’argento; e un succedersi di avvenimenti che nessuna ragione umana avrebbe potuto prevedere fece sì che questo progetto avesse un successo molto maggiore di quanto i promotori stessi potessero ragionevolmente aspettarsi”.

E POI ARRIVARONO ALTRI EUROPEI…
“I primi avventurieri di tutte le altre nazioni europee che tentarono di fondare colonie in America erano animati da prospettive altrettanto chimeriche, ma non ebbero ugual successo. Fu soltanto dopo più di cento anni dalla fondazione della prima colonia nel Brasile che vi furono scoperte delle miniere d’argento, d’oro e di diamanti. Nelle colonie inglesi, francesi, olandesi non ne è stata ancora scoperta una; o almeno nessuna che attualmente si ritenga valga la pena di essere sfruttata.
Comunque i primi coloni inglesi dell’America settentrionale offrirono al re un quinto di tutto l’oro e l’argento che vi avessero trovato…
Alla aspettativa di trovare delle miniere d’oro e d’argento, quei primi coloni aggiungevano inoltre quella di scoprire un passaggio a nord-ovest per le Indie Orientali; ma fino ad oggi essi sono stati delusi in entrambe le speranze.”


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