Germania nel Settecento, Bastoni e Caserma Prussiana

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La stampa ritrae una caserma organizzata per ospitare il grande esercito dei re di Prussia, gli Hohenzollern


Il secondo re di Prussia
Federico Guglielmo I di Hohenzollern (1688 – 1740), secondo re di Prussia, sale al trono nel 1713 succedendo al padre Federico I e fin dall’inizio dà una nuova impronta allo stato. Padre e figlio sono due personalità antitetiche: se Federico I è amante del lusso e grande dissipatore, che lascia il regno in difficoltà finanziarie, Federico Guglielmo si distingue, invece, per il suo moderato stile di vita e per il prudente governo del paese. E’ contrario ai costosi sfarzi e con rigore gestisce le finanze statali, che riorganizza abilmente servendosi di funzionari controllati severamente dallo stesso sovrano. E’ l’uomo della disciplina, dell’impegno scrupoloso, della completa obbedienza imposta con una durezza che spesso arriva alla brutalità. Sembra un avaro che pensi solo al denaro, ma in realtà il denaro, oltre che per l’attento governo dei sudditi, serve per quella che è la grande passione di Federico Guglielmo I: creare un numeroso e forte esercito. Un esercito permanente addestrato in sedi apposite come le caserme, diversamente dalla pratica di collocare i soldati in abitazioni private; un buon esercito che in realtà è impiegato in poche guerre, come quella del Nord contro l’avventuroso re di Svezia, Carlo XII.
L’esercito assorbe le continue attenzioni del re fino al punto di fare di Federico Guglielmo il “Re-Sergente”, il quale, affascinato dalla vita militare, non ama le belle arti e i soprattutto i dotti che alla sua corte hanno vita dura, durissima. Per di più prova profondo rancore per il figlio, il futuro Federico II il Grande, che non gli assomiglia in nulla. Federico ama la musica, la filosofia e le lettere, anche se da re sarà proprio quello che farà largo uso dei preparatissimi soldati del padre.

La Caserma
La durezza domina nella caserma del Re-Sergente. E’ sufficiente leggere i ricordi di uno svizzero, un certo Ulrich Bräker, uno “svizzerotto” che dal suo tranquillo paese passa a Berlino, ritrovandosi a sua insaputa in una terribile caserma prussiana.
Ulrich viene arruolato con l’inganno: è attirato a Berlino con la proposta di un semplice lavoro di servitore; si ritrova invece militare. Del resto per ordine di Federico Guglielmo I battono le strade della Prussia e dei paesi vicini, e meno vicini, ufficiali reclutatori che usano tutti i mezzi onesti, come l’opportunità di una paga, e per lo più disonesti - dalla frode alla ubriacatura e al rapimento - per procurare uomini per l’esercito del loro re. Oltre ai soldati normali sono molto ricercati i giovani di notevole altezza, destinati a formare la famosa Guardia dei Giganti, che è l’orgoglio del re. Questi sembra aver detto: “ La più bella fanciulla… mi sarebbe indifferente, ma i soldati! Ah quelli sono il mio debole!”. Così si legge nell’opera di W.H.Nelson “Gli Hohenzollern”.
Prima di trovarsi in caserma e in una piazza d’armi, già solo girando per Berlino, Ulrich Bräker assiste a scene che gli fanno “venire alla fronte un sudore freddo di paura”. Quando poi inizia il suo addestramento, deve imparare a marciare sotto un “arcigno caporale”, che usa come fondamentale mezzo di addestramento un bastone con cui percuote violentemente i piedi delle reclute. Questo blocca il povero Ulrich, che non riesce neppure ad imparare i primi passi della marcia e solo dopo, sotto un addestratore un po’ più umano, con animo più tranquillo impara “in un’ora più che prima in dieci giorni”. Comunque il simbolo della caserma è un ufficiale dal “viso furioso e con il bastone alzato”, pronto a minacciare ”di colpire come sopra cavoli”.

Bastone e Disciplina
La durezza delle esercitazioni è tale che nasce presto il pensiero di fuggire, ma si capisce quanti rischi comportino le fughe, o meglio le diserzioni. I disertori catturati vengono puniti con una brutale bastonatura: devono percorrere una strada sotto i colpi delle bacchette di 200 uomini, correndo “otto volte su e giù” fino a quando crollano sfiniti. La tortura viene ripetuta il giorno successivo, abbattendosi sugli abiti a brandelli sulle spalle, finché i “cenci intrisi di sangue” cadono sui pantaloni.
Fin dalla lontana Antichità, la bastonatura, o fustigazione, è sempre stata una pratica diffusa in tutti gli eserciti e ha tormentato non solo soldati, ma anche schiavi e povera gente. Ha conosciuto molte variazioni dai nodosi bastoni alle bacchette, a verghe di molti tipi; si pensi anche al “gatto a nove code” degli inglesi o al “knut” dei russi.
Come il prussiano Re-Sergente anche gli austriaci usano metodi brutali. Nel loro esercito si applica una punizione esemplare simile a quella prussiana: due file di soldati, schierate una di fronte all’altra, formano un passaggio detto “strada”, dove un malcapitato, accusato di gravi colpe, a torso nudo subisce tanti colpi quanti ne stabilisce la punizione. Punire per educare è il fondamento della disciplina dei soldati, che deve essere totale e soprattutto scoraggiare atti di insubordinazione e di diserzione.
Il Re-Sergente come ama i soldati, così odia i disertori; di lui si narra che nel 1729 abbia scoperto e riconosciuto un suo tamburino che sfilava nell’esercito del suo vicino, il re di Polonia Augusto il Forte. Siccome il poveretto, disertore dell’esercito prussiano, era passato nelle meno terribili truppe polacche, Federico Guglielmo I ottiene da Augusto il Forte di riprendersi il disertore, che ritornato in Prussia subisce la pena definitiva: non la bastonata ma la condanna a morte.
Giornata del Militare
A Berlino la giornata è tutta una fatica; il nostro Ulrich Bräker è diretto testimone delle sofferenze dei militari, i quali devono “stare spesso per cinque ore intere stretti nella.. uniforme come avvitati,… marciare dritti come pali in tutte le direzioni,…. fare ininterrottamente manovre rapide come il lampo…” Quasi come un fine psicologo analizza il metodo della caserma, la quale ha come risultato che “ il più robusto doveva diventare mezzo azzoppato” e “ il più paziente eccitabile”, cioè trasforma un uomo tranquillo in un individuo rissoso e violento. Ulrich completa la giornata tipo dicendo: “Quando poi ce ne andavamo stanchi e morti in caserma, si andava di nuovo a rompicollo a pulire il nostro bucato e a togliere ogni macchiolina, poiché la nostra uniforme era bianca ad eccezione della giubba azzurra. Fucile, giberna, berretto, ogni bottone dell’uniforme, tutto doveva essere lustrato come uno specchio. Se in uno di questi pezzi si mostrava la più piccola improprietà… quando si veniva sulla piazza il primo saluto era un grosso colpo di bastone.”
(Brani tratti da Documenti Storici di R.Romeo e G.Talamo, ed. Loescher)

Il Re-Sergente
Lo svizzero Ulrich mette a fuoco lo stile della caserma prussiana, che rispecchia in tutto il carattere del Re-Sergente e, per quanto semplice soldato, è perfettamente in linea con le osservazioni di un esperto militare del ‘700, il conte di Guibert, autore del pregevole testo “Saggio Generale di Tattica”. Quest’ultimo presenta Federico Guglielmo I come un sovrano abbastanza saggio, ma anche duro e feroce e con la mania degli “esercizi a minute operazioni”. Qui si esprime la cura del re che segue il suo esercito, soprattutto nei più piccoli dettagli e nelle più elementari esercitazioni di caserma. Sempre il Guibert del sovrano di Prussia, che alla fine del regno lascia un esercito forte di quasi 70.000 uomini, non esita a scrivere: “ Militare senza essere guerriero e capo di un’armata senza sapere esserne generale”. Chiarisce anche la causa dell’appellativo attribuito a Federico Guglielmo I: “Appellavasi…il Re-Sergente, il che esprimeva a perfezione il suo gusto per le subalterne minuzie, e quanto poco grandi idee applicasse alle sue forze… Le sue truppe non avevano mai servito che per distaccamento, ovvero in piccoli corpi d’armata impiegati in eserciti considerevoli .”
Quindi di un uomo che ha ampiamente forgiato il tipo prussiano – militarista, disciplinato, rispettoso dell’autorità, scrupoloso – non si parla di un Re-Condottiero, ma del Re-Sergente.





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