Storia flash: Medio Evo e Chiesa di Roma


Premesse

Per tutto il Medio Evo la Chiesa di Roma è una delle massime istituzioni accanto all’altra istituzione, l’Impero.
La Chiesa è espressione della religione cristiana che si diffonde nell’Impero Romano e che incontra momenti drammatici con le persecuzioni di certi imperatori. Le comunità cristiane diffuse sia in Oriente sia in Occidente vanno incontro a un trionfo dopo il 313 con l’imperatore Costantino: si sviluppano con il sostegno dell’autorità imperiale che non solo abbraccia il cristianesimo, ma lo rafforza con lasciti e donazioni.

Dai romani ai germani

Con il passaggio dall’Impero Romano ai Regni Barbarici, Roma cristiana si solidifica e si delinea il primato del vescovo di Roma che diventerà poi il Papa, vertice di tutta la struttura ecclesiastica. Oltre al prestigio morale e religioso, Roma acquista anche una forza materiale con quelle terre, donate dalle stesse autorità politiche, le quali costituiscono il potere temporale della Chiesa. È il futuro Stato della Chiesa, ossia un potere legato al tempo o al mondo – da qui temporale o mondano – che è uno stato vero e proprio con i suoi territori e la sua popolazione.
Dopo l’anno Mille
Passato un periodo di difficoltà e violenze, vedi il cosiddetto “secolo di ferro”, la Chiesa di Roma con l’anno 1000 diventa una grande struttura. È guida spirituale, morale e culturale su tutto il territorio europeo, l’area della Cristianità, dai Pirenei al Baltico.
Controlla capillarmente il territorio tramite un’organizzazione che si forma nei secoli: organizzazione centralistica del clero che svolge funzione mediatrice fra Dio e i cristiani e che è unica vera interprete del messaggio di Cristo. Da qui ortodossia e autorità contro eresia e libertà d’interpretazione:

Dio

Centro: Roma è sede del Papa e della Curia papale – uffici che governano la Chiesa -,
nelle città risiedono i vescovi: clero secolare,
nelle piccole città e nelle campagne operano i parroci: clero secolare, che vive nel secolo cioè in mezzo alla gente,
nei monasteri vivono e lavorano monaci di vario ordine: clero regolare, che segue una precisa regola,
nelle aree di frontiera il clero è impegnato nella evangelizzazione.

Cristianità = comunità dei fedeli.
Si è buoni cristiani solo seguendo i dettami del clero, mediatore tra Dio e Cristianità
.
Tutta la struttura si fonda su precisi principi: il Papa, considerato erede di San Pietro e vicario di Cristo sulla terra, non è solo vescovo di Roma ma vanta il primato su tutti i vescovi della Cristianità. Anche con l’autorità temporale, quella dei re e degli imperatori, il Papa rivendica la sua supremazia in base a una concezione teocratica – il potere religioso prevale su quello temporale – che entra in crisi con il Trecento.

Chiesa e cultura

La Chiesa di Roma è il fulcro della Cristianità dotato di vasti poteri.
Totale è il potere culturale: la cultura è appannaggio del clero, sorgono scuole monastiche ed episcopali, vicine alle chiese; dopo il secolo XI sorgono anche le università e la filosofia medioevale è proprio quella Scolastica insegnata da clerici. Questa è la clericalizzazione della cultura.

Chiesa e politica

Il potere politico è ampiamente influenzato per l’intreccio Papa-Imperatore. Il clero fornisce cancellieri, consiglieri, ambasciatori, funzionari vari a re e imperatori. Tutto il Medio Evo si svolge in fasi, ora di ostilità ora di sostegno, fra Chiesa e Politica.
Infatti si parla di “società bicipite” cioè di due autorità, il Papa a capo della Chiesa universale e l’Imperatore a capo del Sacro Romano Impero che comprende, secondo i tempi, Germania e parti dell’Italia. Si fronteggiano il Papa che per il suo rapporto privilegiato con Dio, pur non disponendo direttamente della forza militare, ha un prestigio universale – o cattolico -; l’Imperatore o il Re che ha il potere politico, arruola eserciti, dispone di ricchezze fondiarie e per legittimare il suo potere di fronte ai sottoposti, aristocratici spesso ribelli e insubordinati, si rivolge all’autorità papale.

Chiesa e ricchezza

Le continue donazioni di terre, vedi feudi, e gli oboli e le elemosine, vedi donazioni in denaro, rendono la Chiesa una potenza economica. Ogni carica ecclesiastica è legata ad un beneficium, ossia un bene terriero con le sue rendite, e a prebende, ossia contribuzioni in denaro, per il mantenimento del clero. Fra l’altro la Chiesa è anche un’abile amministratrice, infatti le terre ecclesiastiche sono più organizzate di quelle dei feudi laici e non capita di rado che la Chiesa sia più ricca dell’Impero.
Ricchezza e crisi morale
Nei secoli la Chiesa, fondata su valori spirituali, va incontro a forme di corruzione morale e alla perdita dei valori originari – semplicità di vita, povertà, rigore morale, disprezzo dei beni mondani come gloria, fama e potere, spirito di sacrificio, spirito di obbedienza -. Le ricchezze sopra citate sono in contrasto con il valore della povertà e provocano una decadenza dell’istituto religioso che nel tempo va incontro a momenti di crisi e a molti tentativi di riforma.
Questo è la mondanizzazione, ossia la Chiesa si mescola sempre più al mondo concreto impegnata in interessi non tanto spirituali quanto politici ed economico-finanziari.

Vizi e degradazione

Fra i peccati imputati ad alcuni componenti del clero vi sono la simonia, ossia la vendita delle cariche ecclesiastiche, compresa quella pontificia, non sempre attribuite secondo la dignità dei destinatari, ma comperate da laici senza vocazione religiosa; il concubinaggio - la violazione del principio di castità – e il nicolaismo, che proviene da una vecchia eresia di un certo Nicola favorevole alla vita coniugale dei preti.
Questa mescolanza stridente di sacro e profano, di religioso e materiale, è il grave danno della Chiesa. Il pericolo di degrado è accentuato dalla pesante intromissione dei laici nella gerarchia ecclesiastica: certi imperatori germanici controllano l’elezione di papi e prelati; nei primi secoli la nobiltà romana e laziale ha reclamato la pretesa di disporre del soglio pontificio, e sono diventati papi anche elementi che non hanno la completa carriera ecclesiastica.

Papato e difficoltà dalla fine del Duecento
Dopo la morte dell’imperatore Federico II di Svevia (1220-1250), abile uomo politico che ha avuto molti contrasti con la Chiesa, la situazione sembra a favore dell’istituto ecclesiastico. L’Impero, ossia il potere politico, perde di prestigio, è sconfitto il partito ghibellino che sostiene l’Imperatore, emerge il Papa che interviene pesantemente negli affari degli stati europei: Papa Clemente IV caccia gli Svevi dal Meridione – territorio rivendicato come feudo del Papa e affidato a un feudatario scelto dal Papa stesso - e lo offre al francese Carlo d’Angiò imparentato con il re di Francia.

Fasi oscure e loro superamento

Nei secoli XIV e XV la Chiesa va incontro a fatti che mettono in evidenza le sue difficoltà e nello stesso tempo la sua capacità di recupero.
Secolo XIII-XIV. L’abile ed energico papa Bonifacio VIII, in omaggio a una sua visione teocratica, interviene nelle questioni politiche ed è in urto con il re di Francia, Filippo IV il Bello, il quale impone tasse al clero francese senza il benestare dell’autorità pontificia. Bonifacio VIII va incontro a un grave scacco e perde il suo prestigio diventando prigioniero di truppe francesi e venendo schiaffeggiato – pare – nel suo palazzo di Anagni, vedi lo schiaffo di Anagni del 1303. Fra autorità religiosa e politica sembra trionfare la seconda.

Fase 1307-1377. Si va incontro a uno dei periodo più oscuri, i settant’anni della “cattività avignonese” in Francia, ossia una sorta di prigionia imposta alla Chiesa. La curia papale è trasferita da Roma ad Avignone e diventa un centro di affari con un eccesso di mondanizzazione: la curia controlla monasteri e chiese locali con abile efficienza amministrativo-burocratica, diventando una sorta di cassaforte degli ingenti giri di denaro, grazie agli oboli provenienti da tutta la Cristianità. Questo determina il disorientamento di molte comunità di cristiani.

1378. La cattività avignonese è superata con il ritorno del Papa a Roma. Non tutto avviene ordinatamente, ma si preparano quarant’anni difficili, quelli dello Scisma, ossia della divisione. La Cristianità, anziché unita e con un unico vertice, si divide in gruppi fedeli a figure diverse. Vengono eletti due o tre papi contemporaneamente in un’altalena di Papi e anti-Papi, solo nel 1418 con il Concilio di Costanza – riunione delle figure più autorevoli della Chiesa – si pone fine allo scisma: il Concilio sovrasta l’autorità papale, questo è il Conciliarismo.

1418-1460. Il contrasto fra il vertice e i livelli più alti della gerarchia ecclesiastica è molto acceso. I prelati insieme in Concilio si dichiarano superiori al Papa, tuttavia il Conciliarismo fallisce e ritorna l’autorità insindacabile del Papa. Salgono al soglio pontificio Papi colti, potenti, appartenenti a ricche famiglie, come Niccolò V o Pio II ossia il celebre Enea Silvio Piccolomini. Seguono Papi che nell’alterna moralità si rivelano abili e determinati nel far valere il prestigio della Chiesa, vedi lo spagnolo Alessandro VI Borgia, Giulio II Della Rovere, Leone X dei Medici. Roma diventa una sede prestigiosa, aperta alla cultura rinascimentale, anche se non mancano comportamenti non consoni moralmente, come il nepotismo con cui i papi nominano cardinali parenti e nipoti e mirano a rendere potenti le loro famiglie.



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